La guerra in Ucraina, secondo le previsioni degli analisti più avveduti, continuerà forse ancora per un certo tempo ed è probabile che la Turchia debba proseguire la sua difficile politica di equilibrismo tra la Russia e l’Ucraina. Ankara ha in gioco interessi vitali nel mantenimento delle relazioni con entrambi i paesi e la sua priorità è quella di salvaguardarli. L’energia e l’economia sono i principali motori della cooperazione turco-russa. La Russia è il principale fornitore di gas della Turchia e si colloca tra i primi tre partner commerciali, dopo Germania e Cina. L’anno scorso, i russi hanno rappresentato anche il 19% dei visitatori stranieri in Turchia, dove il turismo contribuisce al 10% del PIL complessivo del paese.
Questo spiega perché Ankara, anche guardando alla sua fragile economia, non ha aderito alle sanzioni occidentali contro Mosca. D’altra parte, l’Ucraina non è meno importante nei calcoli della Turchia. Oltre alle fiorenti relazioni economiche e di difesa con Kiev, Ankara sostiene fortemente l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina, importanti per mantenere l’equilibrio di potere nel Mar Nero ed evitare che si trasformi in un lago russo. In tale contesto, la Turchia sta svolgendo attivamente un ruolo di mediazione nel quadro di un più ampi bilanciamento della sua politica estera. Resta, però, da vedere quali saranno i risultati di tale riaggiustamento. Il conflitto in Ucraina ha portato Ankara, in maniera quasi inattesa, al centro di un’intensa attività internazionale, rompendo l’isolamento degli ultimi anni. E finora tale scenario si è rivelato come un risultato significativo per la leadership turca.
Dal punto di vista delle relazioni diplomatiche in Medio-Oriente e Golfo Persico, dopo anni di tensioni, va notato come la Turchia e l’Arabia Saudita stiano ricostituendo le loro relazioni bilaterali. Il 28 aprile 2022, il Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha intrapreso un viaggio importante verso la città costiera di Jeddah, sul Mar Rosso, dove ha incontrato il re Salman e il principe ereditario Mohammed bin Salman. Questa è la sua prima visita nel Regno dal “caso” del giornalista Jamal Khashoggi verificatosi nell’ambasciata saudita a Istanbul quasi cinque anni fa. Il “caso Khashoggi” produsse una frattura profonda e lunga anni tra Ankara e Riyadh. Tuttavia, nell’ultimo anno, la Turchia ha cercato di ricucire le sue relazioni con le monarchie del Golfo nel quadro di una più ampia calibratura della sua politica estera regionale, nel suo sforzo per rompere l’emarginazione diplomatica e per sostenere la sua economia.
Nel complesso, il riavvicinamento di Ankara a Riyadh rappresenta un passo significativo nella normalizzazione delle relazioni diplomatiche della Turchia con i suoi vicini nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Prima della visita di Erdogan in Arabia Saudita, anche i ministri del Commercio turco e quelli degli Emirati Arabi si erano incontrati a Istanbul per trovare un terreno comune per rafforzare la loro partnership economica, avviata dopo la visita del principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed al-Nahyan in Turchia lo scorso novembre. Di recente, Ankara ha anche migliorato le relazioni con Israele, poiché Erdogan ha ricevuto il presidente Isaac Herzog a marzo. Nel Mediterraneo orientale, Turchia e Grecia hanno aperto canali di dialogo, nonostante i problemi di vecchia data e le denunce di Atene sulle continue violazioni dello spazio aereo greco nell’Egeo da parte della Turchia. Al contrario, gli sforzi di normalizzazione con l’Egitto si sono finora rivelati i più difficili, considerando che i rapporti con il Cairo erano stati congelati dal colpo di stato che ha rovesciato il governo di Mohammed Morsi, appoggiato dalla Turchia. La conclusione di questa intensa attività diplomatica turca nel “Mediterraneo allargato” va di pari passo con i suoi tentativi di mitigare l’instabilità causata dalla guerra in Ucraina e mantenere l’equilibrio di potere nel Mar Nero. Nel complesso, il rinnovato dinamismo e la mediazione del Paese nella guerra in Ucraina lo hanno riportato sotto i riflettori internazionali.
L’interazione economica tra Emirati Arabi Uniti e Turchia costituisce la base della loro recente normalizzazione. Dato il potenziale non sfruttato dei due paesi in questo settore e il fatto che il volume del commercio bilaterale sia molto al di sotto del record del 2017 di circa 15 miliardi di dollari, c’è spazio per aumentare il commercio e gli investimenti imprenditoriali a livelli senza precedenti. Ankara e Abu Dhabi mirano a raddoppiare le cifre attuali dell’interscambio. Oltre all’evidente interesse reciproco nel promuovere una complessa interdipendenza economica nell’era post-COVID-19, il rafforzamento dell’interazione economica probabilmente consoliderà la riconciliazione tra i due stati e porterà le relazioni Emirati-Turchia anche nel campo politico e della difesa. Se gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia realizzeranno i loro obiettivi ambiziosi in tale campo dipenderà probabilmente da una molteplicità di fattori: primo, l’ulteriore rafforzamento delle relazioni bilaterali. Poi, la creazione di un meccanismo efficace per contenere e risolvere qualsiasi falla politica che possa derivare da prospettive opposte su alcune questioni geopolitiche in futuro. E, infine, la continuità delle dinamiche internazionali e regionali che hanno spinto in primo luogo tale normalizzazione.
Dal momento del colpo di stato che ha portato al potere Abdul Fattah al-Sisi, Ankara si è distinta per le sue maniere critiche nei confronti del presidente egiziano. I problemi nelle relazioni turco-egiziane hanno spesso assunto una dimensione regionale, con conseguenze nel Mediterraneo orientale e in Libia. In questo momento, la normalizzazione delle relazioni con l’Egitto rappresenta per la Turchia un ulteriore passo verso la fine del suo isolamento regionale, aprendo nuove strade di cooperazione nel Mediterraneo. Il Cairo è invece interessato a ridurre il sostegno di Ankara ai Fratelli Musulmani e a rafforzare il suo ruolo politico nella regione, anche alla luce della relativa emarginazione che ha subito dopo gli Accordi di Abramo.
Le due parti hanno spesso dichiarato che i negoziati stavano ottenendo risultati concreti ma ci sono ancora alcune sfide da affrontare: la presenza della Turchia in Libia, nel Corno d’Africa e il suo crescente coinvolgimento in Etiopia pongono seri ostacoli al processo di normalizzazione. I due paesi condividono una reciproca sfiducia e, sebbene le relazioni economiche bilaterali continuino a prosperare, gli interessi geopolitici contrastanti di Ankara e del Cairo stanno ancora limitando i loro sforzi di dialogo.
Per finire, continua lo slancio positivo nelle relazioni tra Turchia e Israele dopo la visita del presidente israeliano, Isaac Herzog, in Turchia. Nella scorsa settimana, diversi eventi hanno contribuito a stimolare tale slancio. In primo luogo, la Turchia ha condannato gli attacchi terroristici avvenuti nelle città israeliane tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. In secondo luogo, la risposta turca agli eventi a Gerusalemme durante il Ramadan è stata relativamente contenuta rispetto al passato (quando essa criticava apertamente Israele) e il presidente turco Erdogan ha espresso in modo costruttivo, in una conversazione telefonica con Herzog, le sue preoccupazioni per gli sviluppi della situazione a Gerusalemme. Infine, il ministro degli Esteri e il ministro dell’Energia della Turchia dovrebbero arrivare in Israele a fine maggio. Il riavvicinamento tra i due Paesi avviene in un periodo in cui la Turchia sta migliorando le sue relazioni diplomatiche anche con gli altri stati mediorientali. A tale proposito, tali diversi riavvicinamenti sembrano rafforzarsi a vicenda e sono uno dei motivi dell’approccio più sobrio di Ankara anche quando si tratta di Israele.
di Carlo Marino
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