È possibile andare oltre il modello economico neoliberista, che ha dominato negli ultimi 50 anni? Una visione dell’uomo e della società, che si fonda sull’idea che solo le forze del mercato, lasciate libere, possano produrre benessere e ricchezza? Ormai è evidente che tale concezione sia entrata in crisi e che stia mostrando tutti i suoi limiti nelle ricorrenti e sempre più difficili crisi finanziarie, ambientali e sociali, che attanagliano tutto il mondo.
Anche l’economia sociale di mercato di stampo tedesco, dove lo Stato supplisce ai limiti del libero mercato, non gode di migliore salute, soprattutto in Italia, Gran Bretagna e altrove.
Tanto il modello neoliberista quanto quello socialdemocratico di welfare non funzionano più. Il primo non assicura l’universalità dello Stato sociale, l’altro non garantisce la qualità e la sostenibilità.
Esiste un’alternativa praticabile nella sfera democratica? I promotori dell’Economia Civile sono convinti che si possa dar vita ad un nuovo welfare civile, fondato sul principio di sussidiarietà circolare, ovvero sulla collaborazione tra ente pubblico, imprese e società civile (o nel Terzo settore). Un’idea nuova quindi di economia e società, che in verità appartiene già alla realtà e alla tradizione italiana, da riscoprire e valorizzare.
L’economista Stefano Zamagni, formatosi sotto la guida anche del Premio Nobel Amartya Sen, da anni porta avanti il progetto di un risveglio umanistico dell’economia, che tenga insieme individuo e comunità, libertà e fraternità, mercati e vita civile, gratuità e contratto. È stato tra i primi in Italia a riproporre il pensiero di Antonio Genovesi. Lo studioso napoletano nel ‘700 teorizzo l’idea di “economia civile”, ovvero la visione di un homo oeconomicus, che deve nutrirsi anche di relazioni, motivazioni, fiducia, e quella di un’attività economica, che abbia bisogno di virtù civili e di tendere al bene comune, più che alla ricerca di soddisfazioni individuali. Civile fu l’aggettivo che Genovesi scelse per il titolo dell’opera “Lezioni di Commercio o di Economia Civile”. E Civile dà il nome alla cattedra di “commercio e meccanica”, a Napoli, prima cattedra di economia di cui si abbia traccia in Europa nel 1765.
Quest’anno il Festival nazionale dell’Economia Civile, tenutosi il 25 e il 27 settembre a Palazzo Vecchio a Firenze, in presenza ed anche in streaming sul sito, ha visto alternarsi economisti, politici ed esperti, ma soprattutto l’esposizione di buone pratiche e il confronto con ciò che nei diversi territori scaturisce dal basso, per cambiare ed umanizzare il modo di fare economia.
Di grande rilievo il documento in 8 punti che è stato consegnato al presidente Mattarella, per promuovere l’impegno della società per una ri-generazione del Paese. Oltre 100 personalità tra professori, giuristi, imprenditori e persone impegnate nel sociale hanno firmato la “Carta di Firenze”, presentata all’apertura dei lavori alla presenza del Presidente della Repubblica, il quale alla consegna del testo ha espresso apprezzamento per i contenuti e incoraggiato tutti a proseguire sulla strada di un rinnovato impegno per l’Italia.
Gli 8 punti della ”Carta di Firenze” sono così sintetizzabili:
- Sostenere il valore del lavoro e delle persone, come luogo di realizzazioni delle più profonde aspirazioni umane;
- Credere nella biodiversità delle forme di impresa
- Promuovere la diversità e l’inclusione sociale
- Valorizzare l’impresa come luogo di creatività e di benessere
- Investire nell’educazione e nella promozione umana
- Proporre una nuova idea di salute e di benessere
- Coltivare il rispetto e la cura dell’ambiente
- Attivare energie giovani, innovazioni e nuove economie.
Il professor Leonardo Bacchetti, direttore del Festival, ha spiegato che questo documento programmatico vuole essere anche un antidoto alle derive e alle divisioni, che sono già emerse in altri Paesi. La pandemia deve spingere tutte le forze in campo a perseguire una ripresa resiliente e generativa.
di Rosaria Russo