Il collettivo torinese Lastanzadigreta, una vera jug band distintasi per la sua capacità di suonare qualsiasi oggetto recuperato e modificato, insieme a strumenti strani dimenticati in qualche soffitta, ha continuato a lavorare, a scrivere nuove canzoni nonostante siano passati più di quattro anni dall’uscita di Creature selvagge, vincitore nel 2017 della Targa Tenco per la migliore opera prima. Lastanzadigreta è composta da Alan Brunetta (percussioni, marimba, tastiere, bidoni); Leonardo Laviano (voce, chitarre); Umberto Poli (chitarre, cigar box); Flavio Rubatto (theremin, didjeridoo, sintetizzatori, voce); Jacopo Tomatis (mandolini, sintetizzatori, giocattoli, voce).
Nel 2021, in periodo di pandemia, il collettivo è ripartito da Macchine inutili, secondo album uscito il 5 febbraio in cd, vinile e digitale per La Contorsionista / Sciopero Records, distribuzione Self, con il sostegno del MiBACT e di SIAE nell’ambito del programma “Per chi Crea”.
Anticipato dal lyric video della title track e dal singolo ”Attenzione Attenzione“, “Macchine inutili” ha ripreso lo spirito del suo predecessore, nel segno della “musica bambina”, una personale filosofia creativa diffusa nel 2017 con tanto di Manifesto (www.lastanzadigreta.com/manifesto-della-musica-bambina).
Si tratta di una musica adatta a tutti che supera le distinzioni alto/basso, d’autore/non d’autore, giovani/vecchi, adulti/bambini. È un approccio giocoso e leggero alla scrittura di canzoni, che permette di stupirsi e stupire, di mettersi in gioco e gioire, di essere bambini «permanenti», indipendentemente dall’età. Una musica democratica in cui tutti possono suonare tutto. In cui lo strumento musicale è uno strumento per fare qualcosa, non un fine in sé.
“Macchine inutili” vira in una direzione più matura e “pop”, tra arrangiamenti di archi e fiati (con la collaborazione della Filarmonica del Teatro Regio di Torino), sintetizzatori e la consueta parata di strumenti “strani”: giocattoli sonori, oggetti rumorosi e vecchi strumenti raccolti per pochi euro ai mercatini delle pulci, curati e assemblati in nuove configurazioni con l’obiettivo di ricercare suoni sempre nuovi e insoliti. Una Wunderkammer di bizzarrie acustiche che include spazzole, tubi in pvc, macchine da scrivere, racchette da tennis, bidoni industriali e batterie di pentole, accanto a strumenti più classici come chitarra e pianoforte e altri meno comuni come marimba, banjolino, Farfisa, cigarbox, theremin, vecchi armonium, vibraphonette e seghe musicali.
Le canzoni spaziano dal pop sinfonico a tema ambientalista di “Pesce comune” alle filastrocche elettronico-acustiche (“Attenzione attenzione”, il singolo che ha anticipato il disco in estate), da sonorità debitrici di Sufjan Stevens (“Fiori”) a brani intrisi di un minimalismo alla Penguin Café Orchestra (“Grammatica della fantasia”, dedicata a Gianni Rodari), a esperimenti con organici e sonorità da musica contemporanea (“Macchine inutili”) e inni ironici da jug band (“Spid”). Un disco di canzoni che sembrano appartenere al cantautorato di una volta, ricercato, elegante e allo stesso tempo pop. Un disco che parla di amore, di lavoro, di Resistenza, dell’arte di inventare storie per ripensare il mondo.
Macchine inutili parte dalla riflessione sulla funzione delle canzoni nel mondo contemporaneo, dove l’«inutilità» risulta tale solo se misurata sui valori dominanti del profitto e dell’individualismo: essa rappresenta invece l’ultima forma di resistenza, l’essenza stessa della possibilità di fare una musica (e un’arte) che abbia ancora una valenza civile, sociale e politica.
Un messaggio che è oggi particolarmente attuale, con il mondo della musica e della cultura fermo da mesi proprio perché «inutile», superfluo; e che costringe a interrogarsi su che cosa vogliamo veramente salvare del mondo che abbiamo costruito, che cosa vogliamo sopravviva per il futuro – prossimo o remoto che sia.
La copertina del disco è illustrata dall’artista Cinzia Ghigliano, che accompagna il gruppo fin dall’inizio.
di Eleonora Marino