Presso la Casa Argentina di Via Veneto a Roma, l’Ambasciata Argentina patrocina la mostra Ni una menos, inaugurata il 15 ottobre visitabile gratuitamente fino al 17 novembre.
Il titolo della mostra richiama il movimento nato nel 2015 in Argentina, per la lotta contro il femminicidio e la violenza di genere, per un’azione di effettiva liberazione delle donne e del loro potenziale.
“Ni una mujer menos, ni una muerta más” ( Non una donna di meno, non una morta di più) sono i versi della poetessa ed attivista messicana Susana Cháves, che è stata assassinata nel 2011 a Ciudad Juárez, città tragicamente chiamata il “cimitero delle donne”, dove non si contano uccisioni, violenze e mutilazioni nei loro confronti.
Con le opere in esposizione di due rinomate artiste argentine Silvia Levenson e Natalia Saurin, l’Ambasciata Argentina vuole dare un contributo alla sensibilizzazione nei confronti di un problema, che accomuna ogni parte del mondo, tanto l’America Latina quanto l’Europa. La violenza di genere infatti non accenna a diminuire anzi si è accentuata, a causa del confinamento provocato dalla pandemia di Covid-19. Con il lavoro delle due artiste si vuole creare uno spazio di denuncia e riflessione collettiva, che invita a rivedere il ruolo della donna nella società.
Già in precedenza, sia individualmente che come duo artistico, Levenson e Saurin, si sono confrontate con questa tematica di violazione dei diritti delle donne e di offesa della loro dignità.
La mostra si compone di istallazioni, video e serie fotografiche.
Nell’istallazione Il luogo più pericoloso, già presentata in precedenza a Palazzo Vecchio a Firenze, vecchi piatti di ceramica vengono decorati con frasi estrapolate dai media internazionali, che parlano di violenza, soprusi, assassini. Il piatto, non più oggetto domestico atto a contenere cibo, diventa veicolo per codificare l’ambiguità di questi “frammenti amorosi”.
Silvia Levenson, che vive in Italia dal 1980, trova particolarmente nel vetro il materiale, che simbolicamente nella sua trasparenza, le permette, come una lente di ingrandimento, di osservare i conflitti nelle famiglie e nella società.
Natalia Saurin ha studiato e vive a Milano ed utilizza fotografia, video ed istallazioni per comporre e creare immagini e storie, che dalla quotidianità muovono verso una contrapposizione anche ironica di modelli e ruoli prestabiliti. Nella serie fotografica in mostra Kitchen, il topos popolare della tovaglietta a quadretti, viene trasformato nel palcoscenico di una messinscena, in cui il concetto di comfort zone si ribalta.
Il filo conduttore della mostra è proprio una riflessione ed una indagine su stereotipi ed immagini iconiche, ripetizioni e trasmissioni di concetti ed immagini, che contribuiscono ad alterare il concetto di verità.
di Eleonora Marino