Si discute molto intorno alla questione dell’obbligatorietà vaccinale, sancita per il Covid-19, al momento per il solo personale sanitario (e assimilato), per effetto del Decreto-legge n. 44/2021. La Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 5 del 2018 (reperibile al seguente link: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2018:5) era intervenuta sulla questione, con una pronuncia che acquista oggi forte valenza.
La decisione avevo visto la Consulta rigettare il ricorso, dichiarando parzialmente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento al Decreto-legge n.73/2017 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale), cd. Decreto Lorenzin, convertito (con modificazioni) con la legge n.119 del 2017; il gravame era stato sollevato dalla Regione Veneto che assumeva – tra le altre – lese le proprie competenze in materia di tutela della salute (doglianze respinte dalla Consulta). Gli aspetti di maggiore attualità sono rappresentati da quei punti in cui la Corte si sofferma sulle ipotesi nelle quali il generale interesse della salute pubblica può prevalere rispetto al diritto all’autodeterminazione del singolo, nel rispetto delle previsioni dell’art. 32 della Costituzione. Per la cronaca, a redigere il dispositivo fu l’allora giudice costituzionale Marta Cartabia, attuale ministro della Giustizia.
La Consulta non ritenne illegittimo il ricorso alla decretazione d’urgenza in materia, specialmente a fronte di una importante diffusione epidemica (nel caso di specie ci si riferiva al morbillo, che aveva registrato nel 2017 4.885 casi, con 4 decessi), demandando al decisore politico il compito di valutare l’urgenza di intervenire sulla scorta dei principi di prevenzione (tra le cui misure rientra la vaccinazione) e tutela della salute del cittadino.
La Corte ha ribadito che l’obbligo vaccinale non contrasta con l’art. 32 della Costituzione (che vieta i trattamenti sanitari obbligatori), quando questo contemperi il diritto del singolo con l’interesse della collettività, purché siano salvaguardati alcuni punti fermi ed ineludibili: a) il trattamento sanitario deve salvaguardare non solo l’interessato, ma pure la salute altrui; b) salvo il limite della normale tollerabilità, il trattamento non deve ledere lo stato di salute del soggetto obbligato; c) in caso di danni ulteriori, deve essere prevista una forma adeguata di indennizzo (sentenze 258/1994 e 307/1990).
In alternativa all’obbligatorietà vaccinale, la Corte ammette il ricorso alla mera raccomandazione e/o a misure sanzionatorie, nell’ambito di una discrezionalità esercitata «alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte» (così la Corte Costituzione, sentenza n.268/2017) e «sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debba guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia» (così la Corte Costituzione, sentenza n.282/2002).
In un recente intervento (sentenza n. 116/2021 dell’8 aprile 2021) sulla questione dell’obbligatorietà vaccinale per i bambini, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), ha ribadito che l’obbligo possa essere imposto solo per legge, per ragioni di stretta necessità e di salute pubblica (in carenza di valide alternative) e nel rispetto di ulteriori parametri quali la rispondenza ad un urgente bisogno sociale, motivazioni pertinenti, sufficienti e proporzionate rispetto allo scopo legittimo perseguito.
di Paolo Arigotti