Non più soltanto conoscenze teoriche, titoli di studio ed elenchi di compiti da svolgere. Nella Pubblica amministrazione dovrà essere dato sempre più spazio alle “competenze”. È questo il messaggio contenuto nelle nuove Linee di indirizzo per l’individuazione dei nuovi fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche, appena firmate dal ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Lo scopo delle Linee guida è quello di orientare le amministrazioni nei piani di reclutamento, in quelli di formazione e di carriera del personale. Si tratta di un documento in continuità con quanto previsto dal nuovo contratto di lavoro delle Funzioni centrali. Ma cosa significa esattamente dare più spazio alle competenze? Questo passaggio, spiegano le linee guida, richiede di spostare l’attenzione da cosa viene fatto (mansioni e attività) a come vengono svolti i compiti e a quali conoscenze, capacità tecniche e comportamentali – e di quale profondità e ampiezza – siano indispensabili al loro svolgimento ottimale.
Detto in altri termini, la nuova organizzazione “consigliata” alle amministrazioni, prevede di andare oltre i compiti ripetitivi, le mansioni sempre uguali, per fare in modo di introdurre “una caratterizzazione fondata sulla specificità dei saperi, sulla qualità della prestazione e sulla motivazione al servizio, elementi centrali – questi – spiega il documento, anche nel disegnare carriere dinamiche per i più meritevoli e accrescere l’attrattività del lavoro pubblico”. Il primo passo per centrare questo obiettivo, è stato fatto con la contrattazione collettiva delle Funzioni centrali, dove sono state introdotte le “famiglie professionali”. Si tratta di un ambito in cui ci sono dipendenti che hanno una conoscenza o una base comune.
Passare al sistema delle competenze, secondo le Linee di indirizzo, ha anche un altro obiettivo. La pianificazione dei fabbisogni, si legge nel documento, “rappresenta uno strumento di riflessione strategica sugli spazi, che quantitativamente si liberano all’interno dell’organizzazione, ma anche sulle professioni che qualitativamente sono richieste per accompagnare l’evoluzione dell’ente, superando una logica di sostituzione delle cessazioni e adottando una prospettiva inter-funzionale nella definizione dei profili mancanti”. Cosa questo significa è presto detto. L’idea di fondo è evitare sostituzioni automatiche di personale attraverso il turn over. L’intenzione è ridurre in prospettiva il numero degli impiegati “amministrativi”, facendo entrare nelle amministrazioni nuove professionalità, come data scientist, esperti di digitale e di transizione ecologica. Il problema, semmai, resterà quello di rendere appetibile la pubblica amministrazione per profili di questo tipo molto ricercati sul mercato privato che, a differenza del pubblico, è in grado di offrire remunerazioni maggiori.
La mappatura delle competenze che le amministrazioni sono invitate a fare, ha anche un altro scopo. Potrà integrarsi, spiega il documento, con i sistemi di misurazione e valutazione delle performance, e permettere di identificare i gap e i fabbisogni individuali e per orientare e personalizzare le attività di formazione. Inoltre, potrà costituire la base per la costruzione di percorsi di carriera professionalizzanti, in cui le procedure di progressione ed attribuzione di incarichi si collegano alle competenze, richieste dal profilo di ruolo che si intende ricoprire, e per allineare tutte le leve di gestione del personale in una prospettiva strategica.
di Massimiliano Gonzi