In cammino verso la neutralità climatica
La buona notizia è che siamo sul podio tra le economie dell’Unione Europea, la cattiva è che questo primato nell’ambito dell’economia circolare è a rischio.
Il terzo “Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2021”, preparato dal CEN Circular Economy Network (rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con un gruppo di aziende e associazioni di impresa) e da Enea, dà conferma di questo importante risultato conseguito per il terzo anno consecutivo. Nella produzione circolare il nostro Paese ottiene 26 punti, con un distacco di 5 punti dalla Francia, che nell’ultimo anno è avanzata di 1 punto, mentre l’Italia è rimasta stabile senza miglioramenti significativi. La quota complessiva di riciclo in Italia è del 68% mentre la media europea si attesta al 57%, inoltre il tasso di uso circolare di materia è del 19,3% contro la media dell’UE dell’11,9%.
Il rapporto di quest’anno, oltre all’analisi aggiornata sullo stato dell’economia circolare in Italia, in comparazione con le altre principali economie europee, approfondisce il ruolo dell’economia circolare nella transizione alla neutralità climatica e analizza le principali misure adottate in materia a livello nazionale ed europeo.
Sono molti gli studi ed i documenti che sottolineano la rilevanza del contributo dell’economia circolare all’abbattimento delle emissioni: raddoppiando l’attuale tasso di circolarità, a livello globale si taglierebbero ben 22,8 miliardi di tonnellate di gas serra.
La Commissione Europea, nel recente secondo “Piano d’azione per l’economia circolare”, ha evidenziato che con l’attuale e preponderante modello di economia lineare, basato su di un alto consumo di risorse ed energia, non è possibile raggiunge la necessaria neutralità climatica. Per abbattere le emissioni di gas serra bisogna recuperare i divari di circolarità esistenti. I punti fondamentali da fronteggiare sono:
– la riduzione dell’utilizzo delle risorse, con la diminuzione della quantità di materiale usato nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio attraverso il design circolare, puntando su modelli di condivisione e sulla digitalizzazione;
– allungamento dell’utilizzo delle risorse, ottimizzandone l’uso e aumentando la vita dei prodotti, attraverso un design durevole, il ricorso a materiali e servizi che prolungano la vita dei beni, il riutilizzo, la riparazione e la rigenerazione;
– utilizzo di materie prime rigenerative, sostituendo i combustibili fossili e i materiali non rinnovabili con energie e materiali rinnovabili, mantenendo il capitale naturale e i servizi ecosistemici;
– riutilizzo delle risorse, con il riciclo dei rifiuti e il reimpiego delle materie prime seconde.
Questi sono i quattro pilastri per il passaggio ad una economia circolare e per ciascuno di essi vi sono specifici gap di circolarità colmabili a breve e medio termine con le tecnologie e le modalità operative ad oggi disponibili; altri divari da affrontare sono di più lungo termine e richiedono ricerca e sviluppo dell’innovazione.
Lo studio del CEN analizza anche il rapporto fra aumento della circolarità e riduzione delle emissioni di gas serra in alcuni settori.
L’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ad esempio rileva che la produzione di acciaio con il riciclo del rottame di ferro consente fino al 38% di riduzione delle emissioni di gas serra, rispetto alla produzione di acciaio primario ottenuto con minerale di ferro e carbone. L’ENEA ha stimato che il riciclo dell’alluminio consente di ridurre le emissioni di gas serra fino all’80% rispetto alla produzione di alluminio con l’uso di materie prime vergini. Anche con il riciclo della plastica i risultati sono incoraggianti, raggiungendo il 90% in meno di emissioni rispetto alla produzione con i derivati del petrolio. La Commissione Europea ha stimato che l’allungamento di un solo anno della vita utile degli smartphone circolanti nell’UE permetterebbe di risparmiare emissioni di CO2. Raddoppiando l’utilizzo dei capi di abbigliamento si potrebbero ridurre ulteriormente le emissioni generate dalla loro sostituzione con capi nuovi, dato che anche la produzione e la lavorazione delle fibre tessili comporta il consumo di rilevanti quantità di energia e di emissioni nocive.
Nell’ambito del Green Deal, a livello europeo il nuovo “Piano di azione per l’economia circolare” e la nuova “Strategia industriale” vanno nella direzione di accelerare la transizione verso la circolarità. Una recente risoluzione del Parlamento Europeo ha sottolineato che, per raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica, condizione indispensabile è il passaggio all’economia circolare. Per questa ragione l’Europarlamento ha chiesto alla Commissione di definire gli obiettivi vincolanti al 2030 di riduzione delle materie prime vergini e di incremento del contenuto di materiali riciclati nei prodotti.
Come sollecitato dalle istituzioni europee, i Piani nazionali di ripresa e resilienza degli Stati Membri devono porre l’economia circolare come elemento centrale della loro azione.
Nel PNRR, comunicato alle Assemblee di Camera e Senato il 26 e 27 aprile scorso, l’economia circolare, accostata all’ agricoltura sostenibile, è denominata come la componente n.1 delle quattro che vanno a costituire la Rivoluzione Verde e la Transizione ecologica. Il Piano stabilisce che si deve migliorare la gestione dei rifiuti e dell’economia circolare, rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti, colmando il divario tra regioni del Nord e quelle del Centro-Sud realizzando progetti flagship altamente innovativi per filiere strategiche, come rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, industria della carta e del cartone, tessile, riciclo meccanico e chimica delle plastiche. Dall’altro lato si deve sviluppare una filiera agricola e alimentare sostenibile, riducendo l’impatto ambientale in una delle eccellenze italiane, attraverso catene di distribuzione “verdi”.
Vedremo nelle applicazioni reali quali e di quale portata saranno gli investimenti che si riverseranno nell’ambito dell’economia circolare e le riforme che si attueranno per farne il contraltare dell’economia lineare, che abbiamo fino ad oggi conosciuta.
Non saranno solo le scelte di politica economica che potranno traghettarci in un’ era senza più sprechi di materie prime né di inquinamento nè rifiuti che avvelenano i territori e danneggiano la nostra salute.
Saremo responsabili non meno dei nostri amministratori di questo cambio epocale e molto risiederà nei nostri stili di vita, mobilità, nelle scelte di consumo quotidiane, che dovranno essere sempre più oculate ed etiche, perché di lì passano le questioni della salute, del lavoro dignitoso, della cura dei territori e dell’ambiente.
di Rosaria Russo