Ho avuto la fortunata occasione di conoscere personalmente il noto attore Gianfranco Jannuzzo e la sua simpatica e bella moglie Ombretta Cantarelli. Siamo entrati durante le prove portando in omaggio un vassoio di cannoli appena fatti di cui Gianfranco è goloso. Quello che mi ha colpito molto della coppia è la semplicità nonostante la notorietà. Mi hanno messa subito a mio agio con affetto e simpatia nei modi: lei è una ex modella, bellissima, milanese, innamorata della Sicilia, lui ha i modi di un “gattopardo” dei nostri giorni, è un siciliano DOC! Simpatico, affabile, espansivo e soprattutto generoso. Quest’ultima dote si esplica non solo nel quotidiano, ma soprattutto quando calca il palcoscenico, in quanto si spende senza riserve per il suo pubblico presente.
Non avendo il tempo di fare un’intervista a Gianfranco, mi è bastato scambiare quattro chiacchiere con Ombretta, la quale si è dimostrata un’enciclopedia vivente di informazioni sulla vita del marito. Dalle sue parole è emerso il ritratto dell’attore con pennellate, che andavano dalla vita privata a quella vissuta nel palcoscenico, con una miscellanea di tasselli di un mosaico, dove ogni tessera è andata sempre nel proprio posto. Abbiamo ripercorso i primi periodi della vita artistica, quando con la rappresentazione teatrale dal titolo “Bagnasciuga”, al Teatro dell’Orologio in Roma, 60 posti, conquistò il giudizio positivo del pubblico, ma soprattutto quello della critica teatrale.
Giunse all’orecchio del Pigmalione Pietro Garinei, della famosa Ditta Garinei e Giovannini, l’eco del successo di Gianfranco e così volle andare ad assistere allo spettacolo. Garinei, stranamente, non guardava la piece teatrale, ma osservava le reazioni del pubblico in sala. Da lì, al grande salto il passo è stato breve, Garinei volle portare lo spettacolo al Sistina, quindi da 60 a 1600 posti, cambiandone il nome in “C’è un uomo in mezzo al mare”. Fu un successo nazionale! Ma la vera svolta e definitiva consacrazione nel mondo del teatro, Jannuzzo la ebbe facendo compagnia per sei anni con Gino Bramieri, icona del teatro italiano. I loro spettacoli hanno riempito tutti i teatri d’Italia, conquistando il prestigioso premio “biglietto d’oro”, attribuito alla compagnia che incassa di più in una stagione teatrale. Da quel momento Jannuzzo ha creato di volta in volta la sua compagnia, riscuotendo successi con testi di grande spessore letterario quali “Liolà” e “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello. Ma, a mio avviso, la vera prova di attore la si riscontra in “Recital”, in questi giorni in scena in Sicilia, dopo la lunga chiusura dovuta alla Pandemia. Ed è proprio al Teatro Vittorio Emanuele di Messina che ho avuto il piacere di assistere allo spettacolo.
“Recital” è stato caratterizzato dall’alternanza di momenti di esilarante raffinata comicità, a riflessioni profonde su tematiche attuali e sulla sua vita privata. Un’ora e mezza in cui il pubblico coinvolto è stato letteralmente rapito dalla bravura e dalla generosità di Jannuzzo. Uno dei momenti più commoventi, in cui l’attore ha coinvolto totalmente il pubblico, è stato quando ha dichiarato l’amore per la sua Girgenti, oggi Agrigento, dicendo che il nome della sua città, cambiato ultimamente, indica soltanto un punto nella mappa, fra longitudine e latitudine che ne determina la posizione nel mondo, mentre “Girgenti”, nome antico e di memorie contiene le sue emozioni. Un amore in comune con il suo grande concittadino Luigi Pirandello, che aveva un rapporto altrettanto amorevole nei confronti della sua città, anch’egli ne faceva culto di memoria e spesso la inseriva nella descrizione dei luoghi frequentati dai suoi personaggi, come ad esempio nel “Il fu Mattia Pascal”.
Jannuzzo come Pirandello ha posto l’accento sul modo del Siciliano di amare la propria città nonostante i difetti, aggiungendo, rispetto al grande scrittore, un paragone, intrigante e dolcissimo: l’amore per la donna amata. Ha detto, infatti: “Ho amato la mia città come si ama una donna. L’uomo ama la donna a volte voltando le spalle, sbattendo la porta, ma tornando sempre sui propri passi, perché tutte le volte che si torna indietro si riannodano i fili della memoria, che altrimenti andrebbe perduta e solo nella memoria si può conservare un amore”.
L’attore ha continuato facendo riflettere il pubblico sul fatto che anche l’amore per le altre città, amate come le altre donne, perché ognuno ha la sua, non ci abbandona mai, ci viene dietro ovunque andiamo. Questo è stato un momento empatico fortissimo, in quanto la generosità, nel confidare il suo amore per la sua città, ha fatto nascere in ciascuna persona presente nel pubblico il ricordo dell’amore verso la propria città, in un coinvolgimento totale di emozioni. E da lì, dal paragone della città con la donna amata, ha nominato pian piano tutte le città d’Italia, emozionando sempre più. Questa generosa confidenza è, a mio parere, il manifestarsi palese della natura del Siciliano, del Gattopardo che è in Jannuzzo, perché solo chi ha nel cuore il calore del sole di Sicilia e la nobiltà dell’anima può suscitare queste emozioni. Inutile dire che un’ovazione è esplosa alla fine dello spettacolo, con un grande, lunghissimo e meritatissimo applauso.
di Francesca Caracò