A quattro anni dalla sua istituzione il Reddito di cittadinanza si prepara ad andare in soffitta: a fine anno, secondo una bozza di riforma del sussidio contro la povertà alla quale sta lavorando il Ministero del Lavoro che sottolinea comunque come si tratti solo di un lavoro che va approfondito, sarà sostituito dalla Misura per l’inclusione attiva (Mia) che cambia le platee, la durata, gli importi e i requisiti per ottenere il beneficio. Fino a fine agosto prossimo si potrà fare ancora domanda per il Rdc, ma si potrà ottenere il beneficio al massimo fino alla fine del 2023. Nella sostanza la nuova misura divide le platee per l’accesso al beneficio tra le famiglie che hanno componenti minori, disabili o over 60 e quelle che non li hanno, prevedendo per queste ultime importi più bassi e una durata minore del sussidio. Si tenta in questo modo di favorire il percorso verso il lavoro e di evitare quanto è successo con il Reddito di cittadinanza percepito per oltre il 40% da famiglie con un solo componente (46% a gennaio 2023). Per questi nuclei di “single” si potrà accedere solo all’importo decurtato a meno che non si tratti di disabili o over 60. Il nuovo beneficio economico sarà pari al massimo a 6mila euro l’anno moltiplicato per la scala di equivalenza legata alla composizione del nucleo (2,1 il limite, 2,2 se in famiglia c’è un disabile) nel caso in cui ci siano disabili, minori o anziani over 60. Il beneficio sarà ridotto del 25% (4.500 euro l’anno, 375 al mese al massimo) nel caso in cui la famiglia in condizione di povertà non abbia al suo interno queste categorie. Si avrà diritto all’assegno se non cambiano le condizioni per 18 mesi nel caso di famiglia con disabili, anziani o minori rinnovabili, dopo l’attesa di un mese, per altri 12 mesi. Il beneficio si potrà rinnovare ogni 12 mesi attendendo un mese. Per le famiglie senza minori, disabili a anziani il beneficio durerà fino a un anno con la prima domanda. Dopo un mese di sospensione si avrà diritto ancora a sei mesi ma poi si dovranno attendere 18 mesi prima di avere diritto a un nuovo assegno, sempre che persistano tutti i requisiti previsti per il sussidio. Per ottenere il sussidio si dovrà essere cittadini italiani o dell’Ue (o familiari) con diritto di soggiorno permanente o cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Al momento della presentazione della domanda, bisognerà essere stati residenti in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo (a fronte dei 10 richiesti per il Rdc). Il valore dell’Isee non dovrà essere superiore a 7.200 euro (ridotto rispetto ai 9.360 del Rdc). Il valore del reddito familiare deve essere inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. Anche la scala di equivalenza cambia. Si arriva comunque al massimo a 2,1 (2,2 se c’è un disabile) ma i minori non sono considerati. Per loro e per i maggiorenni per i quali la famiglia percepisce l’assegno unico e universale arriverà una quota fissa di 50 euro al mese per figlio. Il nuovo sistema punta alla maggiore occupabilità con la possibilità di non considerare nel reddito le retribuzioni da lavoro dipendente fino a tremila euro lordi annui. Si prevedono novità anche sul percorso di inclusione lavorativa con la decadenza dal sussidio se si rifiuta la prima offerta di lavoro congrua (coerente con le esperienze e le competenze professionali maturate). Sulla distanza del luogo di lavoro non è ancora stata trovata la quadra. Un’altra novità significativa è l’obbligo del percorso di formazione e lavoro anche per i minorenni, che abbiano assolto gli obblighi scolastici (quindi con almeno 16 anni) che non siano impegnati in un percorso di studio. La Mia dovrà essere richiesta all’Inps con modalità telematiche. Una volta effettuati i controlli sui requisiti l’Istituto chiederà l’iscrizione presso il sistema informativo della Mia, al fine di sottoscrivere un patto di attivazione digitale. Se si presentano dichiarazioni o documenti falsi per ottenere il beneficio si rischia la reclusione da due a sei anni oltre all’obbligo di restituire l’indebito.
di Massimiliano Gonzi