Robot Il nuovo perturbante

Si parla molto di nuova tecnologia, di robot e intelligenza artificiale, si pensa a grandi cambiamenti della nostra vita sia  in ambito  lavorativo  che nella vita di tutti i giorni, gli esperti ci parlano di mutamenti nella fruizione dei servizi di cui percepiamo l’approssimarsi, servizi  che saranno  sempre più automatizzati e gestiti da intelligenze artificiali. In futuro è probabile che la relazione principale potrebbe non essere più quella duale sintetizzabile dalla formula  Io-Tu  ma potrebbe divenire Io e la macchina, o meglio io e l’androide, relazioni apparentemente simili ma in realtà assai diverse, che potrebbero portare  alla   sostituzione dell’altro con la tecnologia. Non sappiamo ancora quali cambiamenti porterà la massiccia introduzione della robotica e dell’intelligenza artificiale in campo lavorativo e quali siano i rischi per l’occupazione, non sappiamo se la vita sarà  facilitata o diventeremo “alienati della macchina”,  non sappiamo neanche se   subiremo cambiamenti comportamentali dovuti al rapporto con gli androidi o i cyborg, che apparentemente sono simili a noi ma che in realtà sono altro.

Nel 1919  Sigmund Freud, padre della psicanalisi, scrisse il Perturbante, Das Unheimliche termine  tedesco che non trova una corrispondenza esatta in altre lingue. Il perturbante è un  saggio interessante sul quale, per la  brevità della nostra trattazione, ci soffermeremo solo brevemente, ma che necessita comunque di essere esaminato in quanto alcuni progettisti di robotica, contrariamente ad altri, ritengono che androidi con sembianza troppo umane entrino a far parte  di quella che lo studioso di robotica  Masahiro Mori definisce “La valle del perturbante”. Tornando per un momento a Freud, la parte del saggio che più ci interessa e quella dove l’autore cita il lavoro  di Ernst Jentsch “Sulla psicologia del perturbante” del 1906, nel quale  l’autore parla della differenza  tra Unheimliche, cioè quello che è  sconosciuto, pauroso e che  perturba da  Heimliche che è la radice  stessa della parola ma che presa a sé stante ha il  significato di  noto, conosciuto, confortevole. Freud dice che Jentsch postula che quando ci si trova al cospetto di  qualcosa che appare priva di vita che diviene animata come ad esempio statue di cera, pupazzi e automi si è perturbati. Potremmo dire in altre parole che è  l’ambiguità tra l’immagine realistica della figura umana e la coscienza che questa non lo sia che ci perturba e ci fa paura.

Ora, tornando al nostro argomento l’ingegnere Masahiro Mori attraverso uno studio ha dimostrato, con dati alla mano, che se i robot sono molto realistici possono essere vissuti come umani imperfetti, inquietanti o cadaveri, quindi Unheimliche, perturbanti. Se ne deduce che meglio creare robot con aspetto diverso da noi, cosa comunque non accettata da altre scuole di pensiero che vedono più funzionale la situazione opposta. Ma come sono questi robot e cosa fa l’intelligenza artificiale? I robot svolgono una miriade di attività,  esistono ad esempio cani robot di proprietà militare che ispezionano foreste e utilizzando sofisticati sistemi ottici individuano oggetti che poi classificano utilizzando la rete internet, robot che assistono pazienti con Alzheimer, braccia meccaniche che eseguono lavori pesanti, poi ci sono robot da indossare tipo gli esoscheletri  che sono utilizzati come ausilio fisico per lavori pesanti o per la deambulazione dei pazienti tetraplegici. La cosa più sconvolgente sono le macchine pensanti, cioè computer, smartphone, robot e macchinari che possono “ decidere “, tali decisioni sono elaborate da algoritmi in base a dati statistici, consuetudini ed altro ancora, a tal proposito necessita ricordare la problematica delle auto senza guidatore prossime ad uscire sul mercato, dette automobili in caso di pericolo scelgono velocemente cosa fare, notizie del settore ci dicono che ci troviamo davanti ad una problematica simile a quella che sottende la storia narrata da Isac Asimov in Io Robot da cui l’omonimo film, il protagonista umano della storia odia i robot che pur gli hanno salvato la vita dopo un incidente automobilistico perché hanno scelto di salvare lui in base alle possibilità di sopravvivenza invece della bambina coinvolta nel medesimo incidente. Il problema di queste nuove auto è che la decisione, in questi casi, verrebbe  presa secondo parametri oggettivi di sopravvivenza e di minor danno trascurando l’etica, la morale e l’affettività, si potrebbe arrivare all’estremo di sacrificare i trasportati in favore del risultato più conveniente. C’è poi il problema del lavoro, delle professioni che spariranno della sostituzione dell’uomo con la macchina è il conseguente aumento della disoccupazione. Nel 2019 in un incontro negli Emirati Arabi si è ipotizzato un reddito di cittadinanza globale per permettere la transizione robotica. Cosa accadrà? I Robot ci renderanno poveri ed affamati o permetteranno  l’emancipazione dalla fatica del lavoro, io non lo so ma credo che sia necessario porre ora le basi di una società più equa perché penso che sia il modello della  società contemporanea quello che trasferiremo alle macchine. Le macchine, come diceva Marcuse nei lontani anni sessanta, non sono  buone e né cattive ma è l’uso che ne facciamo e chi  sono i proprietari di questa tecnologia.

Penso che Marcuse avesse ragione, le macchine non sono né buone e né cattive, questo è sicuro, almeno per il momento.    

di Stefania D’Alessandro