Martedì 5 marzo, il premier Li Qiang ha aperto la seconda sessione della XIV Assemblea nazionale del popolo (Anp) presentando il suo primo “Rapporto sul lavoro del governo” in cui si legge:
«Il 2023 è stato il primo anno di piena attuazione dei principi guida del 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (PCC). È stato anche il primo anno in cui il governo ha potuto svolgere i propri compiti in conformità con la legge. Di fronte a un ambiente internazionale insolitamente complesso e al compito impegnativo di promuovere le riforme e lo sviluppo garantendo la stabilità in patria, il Partito e il Comitato Centrale, con al centro il compagno Xi Jinping, hanno riunito i cinesi di tutti i gruppi etnici e li hanno guidati nella resistenza contro le pressioni esterne in modo da superare le difficoltà interne con forte dedizione».
Riassumendo di seguito i principali obiettivi di sviluppo della Cina per il 2024 sono: crescita del prodotto interno lordo (Pil) intorno al 5 per cento; oltre 12 milioni di nuovi posti di lavoro urbani; tasso di disoccupazione del 5,5 per cento circa; inflazione intorno al 3 per cento; rapporto deficit/Pil al 3 per cento; crescita del reddito personale al passo con la crescita economica; produzione di grano di oltre 650 milioni di tonnellate; diminuzione di circa il 2,5 per cento del consumo di energia per unità di Pil.
Secondo la stessa leadership cinese non sarà facile centrare tali obiettivi, che appaiono ambiziosi soprattutto perché la base di riferimento (il +5,2 per cento dell’anno scorso) è decisamente più elevata del +3 per cento del 2022 e poi a causa delle tensioni commerciali con gli Usa e con la Ue che potrebbero aggravarsi e incidere maggiormente sull’economia cinese.
Permangono la crisi del settore immobiliare e l’enorme indebitamento dei governi locali, mentre i consumi potrebbero calare rispetto al mini-boom post-pandemico del 2023.
Lo stesso numero due del Partito comunista cinese (Pcc) non ha nascosto queste difficoltà.
Per raggiungere i suddetti obbiettivi nel 2024 saranno attuate una politica fiscale proattiva e una politica monetaria prudente.
Quest’anno i governi locali (le finanze di 12 dei quali sono classificate “ad alto rischio”) potranno emettere “special purpose bonds” per 3.900 miliardi di RMB (541 miliardi di USD). Per sostenere la spesa del governo centrale verranno invece emessi 1.000 miliardi di RMB (139 miliardi di dollari) di buoni del tesoro “a lunghissima scadenza” (non inclusi nel bilancio ufficiale, come i buoni dei governi locali), che andranno a sostenere soprattutto l’hi-tech e altri settori strategici.
Secondo il governatore della Banca centrale c’è spazio in futuro per una politica monetaria più accomodante. «Gli strumenti di politica monetaria della Cina rimangono sufficienti, e c’è ancora ampio spazio per la politica monetaria», ha dichiarato Pan Gongsheng in conferenza stampa.
L’orizzonte strategico del raddoppio del Pil entro il 2035 rispetto al livello del 2020 non è mutato (per raggiungerlo – secondo gli ultimi calcoli – servirà una crescita media del 4,55 per cento dal 2024 al 2035), così come non è cambiata la strada per arrivarci, che è quella della trasformazione del modello di crescita, da quello vecchio, incentrato sugli iper-investimenti e sul risparmio delle famiglie, a quello fondato sullo sviluppo di “alta qualità”, ovvero sulla manifattura ad alto valore aggiunto e sulla promozione dei consumi.
Li Qiang ha citato, tra l’altro, gli esempi di successo delle auto elettriche, la produzione globale delle quali è stanziata ormai per il 60 per cento in Cina, e del Comac C919, l’aereo made in China che dovrebbe fare concorrenza allo statunitense Boeing 737 e all’europeo Airbus A320, che nel 2023 ha iniziato a servire le prime rotte commerciali in Cina.
di Carlo Marino
Direttore del sito #eurasiaticanews