I mari e gli oceani del mondo sono vitali per il funzionamento del globalizzato dell’economia. Il mare è anche fonte di sostentamento per circa tre miliardi di persone a livello globale, mentre i suoi fondali marini sono un giacimento di combustibili fossili spesso soggetti a controversie internazionali. Inoltre, la crescente rilevanza delle condotte e dei terminali galleggianti nei fondali marini per il Trasporto di gas naturale (GNL) – per non parlare dei cavi in fibra ottica – ha generato nuove esigenze di sorveglianza e sicurezza marittima.
In un contesto in cui importanti attori statali e non statali rifiutano il dominio dell’ordine liberale internazionale di tipo occidentale, basato sullo stato di diritto e sulla libertà di navigazione, il mare è diventata anche un’arena vitale su cui investire da parte di chiunque voglia sfidare la supremazia strategica statunitense e, per tale motivo, c’è stato una spinta allo sviluppo di tecnologie nuove e dirompenti nel settore navale, per l’uso sia in scenari simmetrici che asimmetrici.
La guerra navale tocca forse più domini fisici di qualsiasi altro tipo guerra, poiché si estende dallo spazio, attraverso l’aria, alla superficie del mare, alla dimensione subacquea e fino al fondale, oltre che comprendere le zone litorali che si possono trasformare in teatro di operazioni anfibie.
Tale unicità rende ancora più importante l’integrazione dei sistemi di combattimento navale con un approccio multi-dominio alle operazioni militari e negli ultimi decenni, le navi da guerra sono diventate piattaforme sempre più complesse, in grado di fronteggiare le più letali minacce attuando le necessarie contromisure.
Di conseguenza, le moderne navi da guerra tendono ad essere dotate di più numerosi e più diversificati sistemi di combattimento rispetto ai loro predecessori al fine di garantire prontezza, efficacia e letalità in caso di conflitto con avversari. A loro volta, tali sistemi diventano sempre più avanzati, complessi e costosi. L’innovazione tecnologica ha subito un’accelerazione nel settore marittimo e le principali marine di tutto il mondo devono sempre più fare i conti con tecnologie emergenti e dirompenti. Alcuni dei progressi più recenti nel campo dei sistemi di combattimento navale hanno toccato una serie di capacità rilevanti, compresi i sistemi privi di equipaggio, la tecnologia quantistica, i missili ipersonici e convenzionali e le armi ad “energia diretta”, cioè una classe di armamenti che comprende numerosi dispositivi capaci di indirizzare sui bersagli, in modo molto preciso ed efficace, svariate forme di energia non cinetica. In sostanza, piuttosto che colpire l’obiettivo con un proiettile, o mediante la forza d’urto di un’esplosione, questi dispositivi inviano sul bersaglio radiazioni elettromagnetiche, od onde acustiche, o plasma ad elevata energia, o raggi laser.
Inoltre, sono sempre più numerose le nuove competizioni geopolitiche in atto nei mari globali. Russia e Cina hanno investito capacità volte ad affrontare navi nemiche attraverso una portata maggiore e/o disabilitando le sue infrastrutture. La Marina degli Stati Uniti, da parte sua, sta passando a creare una forza formata da una proporzione maggiore di piccole navi con e senza equipaggio, da aerei e veicoli subacquei.
In Europa, la Marina francese deve destreggiarsi tra l’innovazione tecnologica con una flotta sovradimensionata e con gli elevati costi di gestione di deterrente nucleare indipendente, mentre il Regno Unito sta cercando di sfruttare le capacità di flessibilità e letalità. D’altra parte, la Marina tedesca potrebbe non beneficiare del continuo miglioramento della sua difesa nazionale per motivi di bilancio. L’Italia sta attraversando un importante processo di modernizzazione che sta aumentando le sue capacità per la guerra navale di alto livello nonché la sua proiezione come media potenza.
L’Italia è pienamente consapevole dell’importanza della cooperazione internazionale nel settore marittimo, e la sua Strategia di Sicurezza e Difesa per il Mediterraneo pone operatività e cooperazione sullo stesso piano dei pilastri fondamentali della strategia italiana. Le attività svolte da molteplici attori statali e non statali nel Mediterraneo allargato e una rete di relazioni bilaterali e regionali fanno del bacino del Mediterraneo di per sé un ambiente piuttosto affollato.
L’importanza attribuita alle partnership e alla cooperazione è ben rappresentata dal Trans-Regional Sea Power Symposium, regolarmente organizzato dalla Marina Militare Italiana a Venezia con la partecipazione di oltre 50 marine e 100 organizzazioni internazionali.
Dal punto di vista italiano, cooperare con gli alleati è fondamentale per compensare le reciproche lacune di capacità, per esempio con l’aereo da pattugliamento marittimo statunitense P-8 con base a Sigonella, che serve a migliorare le capacità degli Aeromobili ad ala fissa della NATO nel Mediterraneo. In particolare, la Marina Militare ha sviluppato una forte collaborazione con le marine americane, britanniche e francesi e mantiene contatti regolari con gli stati rivieraschi del Mediterraneo.
Il Ministero della Difesa dovrebbe mantenere un tale approccio pragmatico e sviluppare collaborazioni con partner e alleati in materia di operazioni di sicurezza marittima, nonché di sviluppo delle capacità e di innovazione, sfruttando i vantaggi offerti da quadri bilaterali, regionali, dell’UE e della NATO.
In termini operativi, la presenza marittima europea coordinata e le missioni come EMASOH (European Maritime Awareness – Stretto di Hormuz), attualmente sotto il comando italiano, costituiscono buoni esempi da replicare anche nel bacino del Mediterraneo.
La necessità di una filiera integrata e in grado di competere sui mercati mondiali per quanto riguarda l’innovazione, nel contesto della NATO, va considerata come un’opportunità per costruire un polo di innovazione atto a raggiungere le economie di scala e gli effetti moltiplicatori necessari a generare un balzo in avanti tecnologico, in vista non solo dell’interoperabilità, ma anche della comunanza e dell’integrazione degli assetti navali.
Tenuto conto sia della sua importanza geografica che militare, l’Italia deve portare ai tavoli della cooperazione con i propri partner idee chiare e progetti solidi nonché investimenti adeguati per sostenerli, un forte partenariato pubblico-privato, e un approccio dell’intero governo per negoziare soluzioni vantaggiose per tutti i principali soggetti interessati.
di Carlo Marino
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