Silenzio-assenso ovvero l’eutanasia del diritto

Chi tace acconsente: un antico brocardo divenuto popolare al punto che il legislatore sembra volersene… impadronire!

Il meccanismo del silenzio-assenso, invero, è nato per venire incontro al cittadino/cliente, mettendolo al riparo dai cronici ritardi e/o dalle inadempienze delle pubbliche amministrazioni (autorizzazioni – certificazioni – licenze, etc.). Come funziona? Io, cittadino/cliente, chiedo a te pubblica amministrazione (di certificarmi, di rilasciarmi, di autorizzarmi a fare, etc…) una certa cosa, ovviamente prevista dalla legge: la mancata risposta nei termini prescritti equivale ad un tacito assenso!

Comprensibile ed apprezzabile la sensibilità del legislatore (a partire dal 1965 per l’autocertificazione ed a seguire, già con la 241/90, per vari altri settori di attività), anche se in un certo senso emblematica di una presa d’atto di impotenza rispetto ad una legislazione troppo spesso farraginosa e, anche per questo, ad una pubblica amministrazione ingolfata ed inefficiente!

Nel tempo, tuttavia, l’iniziativa comunque positiva rischia di subire…. evoluzioni a dir poco distorsive, se non anche illegittime, dando luogo al fondato sospetto che si voglia in qualche modo speculare sulla pigrizia o, peggio ancora, sulla ignoranza (nel senso di non conoscenza, ma anche di incomprensibilità di norme e di disposizioni complesse ed astruse!!!) del cittadino, violando così uno dei suoi fondamentali diritti di libertà. Magari in nome di una malintesa semplificazione!

Si dà per scontato, cioè, che il cittadino sia d’accordo (paternalismo degno di miglior causa!) e gli si impone l’onere di manifestare l’eventuale dissenso!!!

E’ accaduto per la previdenza complementare relativamente alla destinazione del TFR. Sta accadendo per molti pubblici dipendenti (in servizio e pensionati) relativamente all’iscrizione d’ufficio al fondo INPDAP (“accesso alle prestazioni creditizie agevolate”). In sede di attuazione di una disposizione legislativa del 2005 (legge finanziaria n. 266), infatti, il Ministro attuale dell’Economia ha creduto bene con un proprio decreto ministeriale di … semplificare attraverso l’adozione del sistema del silenzio-assenso. Per cui alcuni milioni di soggetti (prevalentemente pensionati) vengono di fatto iscritti al fondo INPDAP, a meno che non esprimano il proprio dissenso entro il 31 ottobre 2007.

Ovviamente con tanto di raccomandata (due o più per i titolari di più pensioni) e relativo costo (le Poste italiane SpA… ringraziano!).

Ma attenzione, l’iscrizione non è gratuita. Lo stesso D.M. prescrive (!?!) trattenute mensili dello 0,35% per i dipendenti e dello 0,15 per i pensionati (con più di 600 Euro) a decorrere dal 1 novembre 2007, precisando che, nel caso non avessero prima “dissentito”, i destinatari possono recedere nei sei mesi successivi, ma le trattenute operate nel frattempo NON SONO RIMBORSABILI!!! E se non lo fanno restano iscritti a vita!

Ma il nostro, non era il Paese “culla del diritto”?

Si potrebbe obiettare che estendere “l’accesso alle prestazioni agevolate” gestite dall’INPDAP, rappresenti obiettivamente un beneficio in sé; per cui disporlo per legge, salvo dissenso, semplifica e facilita le modalità di accesso!

Senonchè:

  1. il beneficio, o presunto tale, dell’iscrizione d’ufficio non è gratuito, ma oneroso;
  2. le prestazioni agevolate non sono per tutti, ma vengono erogate nei limiti delle disponibilità economiche del Fondo (senza oneri a carico dello Stato) e, quindi, secondo graduatorie (ad es.: per soggiorni, senior, 100 posti disponibili! case/albergo solo 2! assistenza e cure alzheimer limitate per numero e per zone! Piccoli prestiti e mutui ipotecari non certo di facile acquisizione e comunque con interessi! e così per altri “servizi” assistenziali);
  3. non vengono quantificati i costi di gestione, certamente non irrilevanti trattandosi di amministrare centinaia di milioni di Euro e di gestire domande e procedure di selezione (graduatorie) per milioni di potenziali interessati;
  4. il diritto di recesso viene graziosamente limitato a sei mesi, dopo di che si resta iscritti e tassati a vita!

Il provvedimento adottato, quindi – peraltro alla vigilia di annunciate riforme negli Enti previdenziali, INPDAP compreso! – più che un beneficio a noi sembra configuri un vero e proprio abuso cui non sono estranei profili di illegittimità e/o di incostituzionalità!