Stefano Mancuso e Alessandra Viola
Siamo diventati distruttori e vittime al tempo stesso del nostro habitat naturale, cittadini e decisori politici sordi agli appelli di esperti, che ci mostrano il suicidio collettivo che sta compiendo la nostra specie. Pur rappresentando solo lo 0,1% della biodiversità globale, incidiamo enormemente, con le nostre azioni quotidiane, sull’integrità della natura e sulle funzioni essenziali per la vita dell’ambiente. L’Antropocene, secondo la definizione del Premio Nobel Paul Crutzen, la nuova era dell’impronta dominante dell’essere umano sull’ecosistema globale, sarà segnata anche dalla nostra irrimediabile fine?
Appare evidente la necessità di un cambiamento di passo, ma non basta avviarsi, come auspicato dalla UE, dagli Usa di Biden e anche dalla Cina, verso una transizione ecologica dell’economia mondiale, per porre un freno alla distruzione delle risorse naturali.
Come in tutti i cambiamenti epocali vi deve essere un ribaltamento culturale e di visione. Verde brillante di Stefano Mancuso, scienziato di prestigio mondiale, pioniere nel campo della neurobiologia vegetale, ci offre una prospettiva completamente nuova, conoscenze che possono rivelarsi preziose ed indispensabili per la sopravvivenza dell’umanità.
Alle piante attribuiamo generalmente due caratteristiche fondamentali: immobilità ed insensibilità. “Vegetare” o “essere un vegetale” sono espressioni che indicano condizioni di vita ridotte ai minimi termini e al tempo stesso sono spia della nostra concezione del mondo vegetale. Siamo accecati dal nostro orgoglioso antropocentrismo, finendo per dimenticare che le piante dominano ogni ambiente terrestre, costituendo il 99 per cento della biomassa sulla Terra. Al confronto le specie animali, noi inclusi, siamo, come dice Mancuso, “soltanto delle tracce”. E vale la pena di tenere a mente che le piante potrebbero benissimo vivere senza di noi, mentre nel caso contrario, senza di loro, ci estingueremmo in breve tempo.
Ristabiliti i termini reali della relazione che ci lega al mondo vegetale, l’autore ci guida alla scoperta della sua sensibilità ed intelligenza.
Le piante non sono affatto organismi inferiori: intelligenza, apprendimento, memoria e comunicazione, non sono monopolio del mondo animale. Oggi, almeno a livello scientifico, la differenza tra i due mondi è di tipo quantitativo, più che qualitativo. Si è giunti ad una concezione della vita vegetale più generale e alla comprensione del suo ruolo nella biosfera. Esse rappresentano il legame che unisce le attività di tutto il mondo organico, la vita, con il centro energetico del nostro Sistema, il sole.
Stefano Mancuso, in tutta la sua attività di divulgazione ed anche in questo testo, mostra come le piante abbiano, come tutti gli esseri viventi, capacità di comunicare, siano in grado di risolvere problemi utilizzando raffinate strategie, condividano una vita sociale, acquisiscano, condividano, elaborino informazioni raccolte dall’ambiente circostante.
Avete mai sentito parlare di plantoidi? Ebbene lo studio del sistema di comunicazione e socializzazione delle piante sta prospettando impensabili applicazioni tecnologiche, come robot di ispirazione vegetale. Si parla anche di fitocomputer, che utilizzino nuovi algoritmi basati sulla capacità e sui sistemi di calcolo delle piante.
Del resto la bioispirazione, ovvero la capacità di prendere spunto dal mondo vivente per ideare nuove applicazioni tecnologiche, ha alle spalle molti secoli, basti pensare le macchine volanti di Leonardo. Ma se lo sguardo dell’uomo si è rivolto al mondo animale, più vicino a noi, oggi quello vegetale apre nuovi orizzonti, per curare malattie, per trovare energia pulita, sviluppare materiali innovativi e ulteriori inesplorate possibilità nel mondo della chimica e della biologia.
di Rosaria Russo